Il sorriso più enigmatico del mondo svela nasconde nuovi segreti. Scopriamo insieme le ultime novità concernenti la ‘Monna Lisa’ di Leonardo da Vinci.
Sembra che Leonardo da Vinci abbia dipinto il suo famoso ‘Monna Lisa‘ con una pittura sperimentale a base di ‘miele dorato’, stando a una nuova ricerca coi raggi X effettuata da dei chimici in Gran Bretagna e in Francia.
Infatti per la prima volta è stata analizzata la struttura molecolare di un piccolo spicchio del capolavoro di Da Vinci. Con risultati, come vedremo, davvero sorprendenti.
In particolare è stato individuata una pittura di base realizzata dallo stesso genio rinascimentale con polvere di ossido di piombo, colorata di arancio, mescolata con olio di semi. Una miscela poi (ri)scoperta dalla pittura olandese seicentesca; oggigiorno il simile principio viene utilizzato per avere un rosso e un arancione brillante nel caso delle auto, specie nelle competizioni sportive.
D’altronde l’annuncio non deve certo sorprenderci; Leonardo Da Vinci amava sperimentare e inventare in ogni campo, compresa la pittura. Sembra in particolare che Da Vinci usasse la polvere di ossido di piombo per dare un po’ più di sostanza alla pittura e facilitare il lavoro di asciugatura della vernice. Un utilizzo poi recuperato da altri maestri nel campo, a partire da Rembrandt e tanti altri un secolo dopo.
Perchè la Monna Lisa è così importante? Una pittura ‘Gioconda’
Oggigiorno, nella cornice del Louvre di Parigi, la Monna Lisa rimane uno dei dipinti più visti e ammirati; quasi 7,5 milioni di visitatori affluiscono ogni anno solo per vedere quell’enigmatico sorriso; 30mila al giorno in media, un ‘fiume’ senza sosta. Difficile immaginare, dopo la Cappella Sistina, un dipinto che attira più visitatori di questo. Eppure la base dorata era quasi invisibile all’occhio, osservabile per pochi millimetri.
La ricetta, a differenza di altre invenzioni leonardesche, funzionava egregiamente; infatti venne poi tramandata sino ai pittori olandesi che furono i primi a utilizzarla così estensivamente. L’olio risultante conferisce alla pittura una sfumatura dorata, oltre ad avere una consistenza vischiosa molto simile al miele delle api.
Eppure, nonostante decenni di studi, i ricercatori rimangono convinti che il dipinto abbia ancora molto da svelare, ancora molto da rivelare all’occhio dello spettatore. Si sta appena scalfendo la superficie. O nel caso in questione, la pittura della tela. Storici dell’arte e scienziati appaiono infatti convinti che il quadro svelerà presto nuovi segreti.