Non commentare più così sui social: rischi di finire in tribunale

Il mondo dei social è un mondo virtuale che corre parallelamente a quello reale, ma che, molto spesso, si intreccia a questo, quasi si fonde.

Ormai, sono di uso quotidiano. Anzi, possiamo dire che ne facciamo un uso talmente smodato che non riusciamo più a capire quale sia il social e quale, invece, la realtà delle cose. Ci proietta in un universo tutto nostro.

Le tipologie di persone che troviamo in questo universo virtuale sono svariate, così come diversi sono i loro modi di interagire con il mondo che li circonda ed anche con se stessi. A volte scappano dalla realtà rifugiandosi nei social, cambiano il loro modo di essere, il loro modo di pensare e di agire.

Si sentono come protetti da uno scudo di led, lo schermo del Pc o dello smartphone. Pensano che sia concesso loro tutto, qualsiasi comportamento, lecito o non lecito. Non sanno che possono imbattersi in situazioni davvero spiacevoli.

In uno Stato di diritto le tutele ci sono. Per questo, cari “leoni da tastiera” state molto attenti.

Infatti, la diffamazione sui social si può provare e denunciare. Ecco come. Il discorso d’odio è un fenomeno che degenera spesso in diffamazione sui social. È una involuzione delle relazioni sociali su internet della quale si possono ricercare le origini sin dai primi anni della diffusione di queste piattaforme social.

Da una ricerca di Parole O_Stili, progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole, la società di ricerca e sondaggi Swg ha elaborato uno studio sull’odio e la falsità in rete, Dai risultati emerge l’aumento il senso di insicurezza e vulnerabilità di chi naviga sul web.

Inoltre, stando ai dati della ricerca, è aumentato il rischio di subire episodi di odio e di violenza verbale (bullismo, diffamazione sui social, denigrazione, ecc). Gli utenti sono sempre più convinti che ormai i nostri dibattiti online si svolgano solo attraverso le estremizzazioni delle opinioni. E’ tutto bianco o nero, pro o contro, a conferma che il web viene percepito come terreno ostile per un confronto costruttivo.

L’odio e la diffamazione si impongono come nuova realtà di comunicazione. La maggior parte degli intervistati, infatti, svela la sua rassegnazione alla violenza verbale on line, perché la considerano il nuovo modo fi comunicare ai tempi di internet.

Ma la diffamazione sui social si può provare e denunciare. Ecco come.

Quando c’è diffamazione sui social?

Le ipotesi di reato più comuni tra quelle configurate per insulti e odio sui social sono: diffamazione minaccia. Ma c’è anche un’altra fattispecie di reato, ossia l’ingiuria. Tale reato si manifesta quando “chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente”. Si tratta, però, di un ex reato, poiché oggetto di provvedimento di depenalizzazione nel 2016. Così dalla pena di reclusione di sei mesi, si è passati soltanto alla sanzione pecuniaria.

L’insulto è diffamazione e si configura ogni volta che si offende la reputazione di una persona assente, facendo commenti oltraggiosi, davanti ad almeno altre due persone. Anche “messaggiare con un amico sparlando di qualcun altro in una chat di gruppo”. Non è diffamazione se si messaggia con un amico sparlando di qualcun altro. Infatti, il reato scatta solo se c’è offesa alla reputazione

 

Anche sui social si incappa nel reato quando si pubblica un commento offensivo visibile a tutti o a una cerchia di persone. C’è da dire una cosa importante. Sui social network si configura il reato di diffamazione aggravata, punita più severamente. La diffamazione sui social si può manifestare attraverso commenti, accompagnati da un insulto, una critica forte e falsa, una foto offensiva o una vignetta oscena.

Che pena c’è per la diffamazione aggravata?

Iniziamo col dire che la diffamazione semplice può essere punita al massimo con una multa, la diffamazione aggravata è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni o con una multa non inferiore a 516 euro. Questo perché la diffamazione tramite social può essere letta da un numero di persone indeterminabile. Questa pena è inflitta anche all’autore  di un articolo diffamatorio su un giornale online e al suo direttore responsabile.

Discorso diverso se se su un articolo giornalistico online ci sono commenti offensivi. Né il direttore di quel giornale, né l’autore dell’articolo sono responsabili di ciò che i lettori scrivono. Infatti, per la Corte di Cassazione, è “Impossibile impedire preventivamente la pubblicazione di commenti diffamatori“. Il direttore o il giornalista non possono essere condannati per la mancata rimozione dei commenti offensivi.

Come si dimostra la diffamazione sui social?

Il modo classico è quello di fare uno screenshot, stamparlo e consegnarlo ai carabinieri. Tuttavia non è un metodo molto provante, poiché le immagini si possono ritoccare attraverso software e app. Senza contare che il profilo social della persona incriminata potrebbe essere stato hackerato o utilizzato da altri. Meglio denunciare l’accaduto alla polizia postale, che si attiverà per le dovute indagini per individuare: il codice Id, il numero identificativo dell’account in questione, e l’indirizzo Ip, il numero di protocollo che identifica il punto da cui è avvenuta la connessione a internet.

La Cassazione ha comunque stabilito che, anche se non in possesso dell’Ip, è sufficiente che ci siano indizi gravi, precisi e concordanti. E’ sufficiente il nickname del profilo del diffamatore, purché non ci sono motivi di dubitare che le espressioni diffamatorie provengano proprio dal titolare formale del suo account. Anche l’assenza di una querela per furto di identità da parte dell’intestatario, è dimostrazione del fatto che l’autore della diffamazione sia proprio il titolare del profilo.

Quando l’offesa sui social è irrilevante ed è ingiuria.

la Corte di Cassazione ha stabilito, nel 2021, che non tutte le ipotesi di offese sui social network sono sanzionabili penalmente. Infatti, se la parte lesa è online, si può parlare di ingiuria, quindi non perseguibile penalmente, ma solo civilmente. La Corte di Cassazione ha chiarito anche alcuni asetti fondamentali.

E’ sempre ingiuria, se l’offesa è diretta a una persona presente, nonostante ci siano anche altre persone, così come è ingiuria se la comunicazione offensiva avviene tra autore e destinatario, anche a distanza. Il reato di diffamazione si configura se la comunicazione “a distanza” è indirizzata ad altre persone oltre all’offeso.

È diffamazione quando l’offesa indirizzata a un assente viene comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti). Quindi, la Cassazione ha stabilito che non è diffamazione l’offesa sui Social se la parte offesa è on line.