Una pioggia di diamanti, sembra uscita dalla sceneggiatura di un cartone animato, invece questo straordinario fenomeno atmosferico è molto comune su diversi pianeti.
Su Uranio e Nettuno, potete assistere a una pioggia di diamanti da milioni di carati. Ma c’è chi è riuscito a replicare questo fenomeno sulla Terra, all’interno di un laboratorio
Meteo su Nettuno e Uranio
Vi state chiedendo com’è possibile la formazione di una pioggia di diamanti.
L’atmosfera di Nettuno e di Urano è composta principalmente da idrogeno ed elio, ma è presente anche una piccola quantità di metano, che gli fornisce il tipico colore blu.
La forte pressione e le alte temperature presenti sulle superficie dei due pianeti, causano la scissione delle molecole di carbonio dal metano. Il carbonio scisso si legga ad altre molecole, formando lunghe catene di carbonio. Le catene si stringono insieme per formare motivi cristallini come diamanti. Le dense formazioni di diamanti cadono attraverso gli strati del mantello del pianeta, fino a quando non diventa troppo caldo, vaporizzando e galleggiando di nuovo fino a ripetere nuovamente il ciclo, da qui la definizione di “pioggia di diamanti”.
Piovono diamanti sulla Terra
Nel istituto di ricerca della Helmholtz Zentrum Dresden-Rossend, hanno replicato il fenomeno in laboratorio. L’esperimento dura solo una manciata di femtosecondi (cioè un milionesimo di miliardesimo di secondo), ma i ricercatori sono riusciti a replicare le stesse condizioni atmosferiche dei Pianeti, riuscendo a ottenere in miniatura una pioggia di diamanti.
Se i diamanti prodotti sui pianeti sono abbastanza grandi da raggiungere anche milione di carati in peso, il laboratorio presenta dei limiti sia di dimensioni che di tempi. Sui pianeti ghiacciati infatti abbonda il metano, una molecola formata da un carbonio legato a quattro atomi di idrogeno.
In laboratorio i ricercatori hanno utilizzato il polistirene (un materiale di plastica formato da idrogeno e carbonio) e lo hanno sottoposto a coppie di onde d’urto generate con lo strumento Matter in Extreme Conditions.
La ricerca rappresenta quindi un risultato eccezionale nel campo della scienza planetaria, dove permetterà di ottenere passi in avanti nello studio degli esopianeti. Attualmente infatti gli astronomi sono in grado di misurare la massa e il raggio dei pianeti al di fuori del Sistema Solare, e basandosi sulla relazione tra questi due parametri possono ipotizzarne la composizione e valutare se sono prevalenti gli elementi pesanti o più leggeri della tavola periodica.
“Con i pianeti, la relazione tra massa e raggio può giù dire qualcosa in più sulla loro chimica”, ha spiegato Kraus, ricercatore del SLAC National Accelerator Laboratory. “E le reazioni chimiche che avvengono nel loro interno possono dare informazioni aggiuntive circa alcune caratteristiche del pianeta”.